23 maggio 1992.
Sull’autostrada che da Messina porta a Palermo corre un auto blu, con a bordo il giudice Falcone, la moglie e la sua scorta. Tutto bene. Quando all’improvviso all’altezza di Capaci…un lampo…un rombo…una bomba che esplode…e la fine di vite che lottavano per la giustizia.
23 maggio 2008
Durante la commemorazione a Palermo della strage di Capaci arriva un messaggio del nostro Presidente del consiglio il quale, rivolgendosi a Maria Falcone (sorella di Giovanni Falcone), dice: «Gentile Signora, la ricorrenza dell’eccidio di Capaci è un momento di memore riflessione sul sacrificio del giudice Giovanni Falcone, della signora Francesca e della scorta. L’importanza della lotta del giudice Falcone contro la mafia e la criminalità organizzata, per la riaffermazione dei valori fondanti della Costituzione, è testimoniata dal progetto di educazione alla legalità che
Che ironia. Questo è l’epilogo della storia italiana.
Ma ricordate come tutto iniziò? Non ricordate come è iniziata la favola? Allora…
C’era una volta, tanto tanto tempo fa (beh in fondo non è così tanto tempo fa…1992…) un giudice di nome Antonio Di Pietro. Questo giudice apri in quei tempi un inchiesta di corruzione a cui darà il nome di Mani pulite.
È una valanga. Per episodi di corruzione sono posti sotto inchiesta centinaia di politici, amministratori, imprenditori, i maggiori leader dei partiti, una decina di ex ministri della Repubblica, quattro ex presidenti del Consiglio. Il Parlamento è delegittimato da decine di avvisi di garanzia. L’intero sistema dei partiti è scosso. In un paio di anni il volto della politica italiana cambia completamente.
Nel frattempo in una regione lontana lontana (in Sicilia) un’organizzazione malavitosa è sotto agitazione. È in attesa della decisione della Corte di cassazione, che deve confermare o annullare la sentenza del maxiprocesso di Palermo. Con la conferma, sui 475 imputati portati a giudizio da Giovanni Falcone e dagli altri magistrati del primo pool antimafia di Palermo si sarebbe abbattuta una montagna di ergastoli capace di seppellire in carcere un paio di generazioni di mafiosi. Il 30 gennaio la condanna viene confermata. È la fine di un’epoca.
L’allora capo di Cosa nostra, Totò Riina, decide di tagliare i ponti con i vecchi alleati…e 40 giorni dopo (il 12 marzo
Nel frattempo al Nord moriva la «prima repubblica» dei partiti. Il 5 aprile 1992 le elezioni politiche sanciscono il tracollo dei partiti di governo e il trionfo della Lega di Umberto Bossi.
Al Sud, Riina prosegue la sua guerra: colpendo il nemico numero uno di Cosa nostra, Giovanni Falcone, l’uomo che negli anni Ottanta aveva dato l’avvio all’avventura che si era conclusa il 30 gennaio 1992 con la sentenza definitiva della Cassazione.
Il 23 maggio, a Capaci, mentre corre dall’aeroporto di Palermo verso la sua città, il magistrato, sua moglie e la scorta sono dilaniati da una carica d’esplosivo che fa saltare in aria l’autostrada. L’Italia è scossa come mai prima. La morte di Falcone è pianificata da Cosa nostra proprio nei giorni in cui il Parlamento, dopo le dimissioni di Francesco Cossiga, è riunito per scegliere il nuovo Presidente della Repubblica: così da impedire che alla più alta carica dello Stato sia eletto il candidato allora favorito, Andreotti, ormai pesantemente segnato dalle ombre dei suoi rapporti siciliani.
In questo periodo di confusione generale (saltando diversi avvenimenti per non tediarvi troppo), periodo teso ed incerto, molti soggetti, molti poteri devono aver avuto la tentazione d’inserirsi, per tentare di governarla. Massonerie, settori dei servizi segreti, uomini politici, settori imprenditoriali. A dar retta agli uomini di Cosa nostra
Cancemi esegue: «Incontrando a Vittorio Mangano ci dissi: (...) Vittorio, senti qua, tu mi devi fare una cortesia, senza che mi fai nessuna domanda, mi devi fare una cortesia: tu questi persone, Berlusconi, Dell’Utri, li devi lasciare stare, che Salvatore Riina se l’ha messo nelle mani lui, perché mi disse che è un bene per tutta Cosa nostra, quindi non mi fare altre domande, non mi dire niente. E il Vittorio Mangano con me, siccome lui lo sapeva che io lo volevo bene e lui mi voleva bene pure a me, si... diciamo, si è allargato un pochettino, nel senso... nel senso che mi disse: Ma Totuccio, io è una vita, tu lo sai, è una vita che io... ce l’ho nelle mani io, che ci sono vicino io, tu lo sai, ora tutto assieme io mi devo mettere da parte? E io: Vittorio, fammi questa cortesia, non mi fare altre domande, perché quando quello mi dice che è un bene per tutta Cosa nostra, io non ci posso dire niente».
Contemporaneamente
Intanto Dell’Utri medita sulla fondazione di un nuovo partito…in realtà era già dagli anni ’80 che portava avanti il suo progetto. Scendere in politica per «evitare che una affermazione delle sinistre potesse portare prima a un ostracismo e poi a gravi difficoltà per il gruppo Berlusconi» (Ezio Cartotto, politico democristiano che a metà degli anni Ottanta teneva corsi di formazione per i manager di Publitalia).
Come tutti sanno il nuovo partito era Forza Italia, che uscirà allo scoperto solo nel 1994. Ma Dell’Utri era al lavoro già dalla primavera 1992, per vincere prima di tutto l’opposizione al progetto-partito interna alla Fininvest (tra gli oppositori Maurizio Costanzo, il quale subirà anche un attentato a Roma in via Fauro…attentato che causò 21 feriti).
Anche in Sicilia, negli stessi mesi, stanno cercando nuovi referenti politici. Maurizio Avola, uomo d’onore catanese, racconta che Riina nel 1992 intendeva «creare un nuovo partito politico» nel quale inserire uomini di Cosa nostra sconosciuti, puliti, pronti aportare direttamente gli interessi dell’organizzazione nelle istituzioni dello Stato. Riina aveva ipotizzato anche il nome: Cosa nuova. Ma si era subito reso conto che forse era preferibile puntare su qualcosa di più neutro, come Lega sud.
Tutto era pronto per l’operazione, tanto che Riina aveva chiesto a Santapaola di indicargli persone adatte all’impresa, cioè «uomini nuovi» da poter inserire nel movimento e lanciare verso una brillante carriera politica. Santapaola non si era tirato indietro. Il suo braccio destro, Aldo Ercolano, tra la fine del 1991 e l’inizio del 1992 incontra Dell’Utri, stando a quel che raccontano i collaboratori di giustizia, in una località del messinese. Nel 1992 sono ben 34 i viaggi dei fratelli Marcello e Alberto Dell’Utri a Catania. All’incontro partecipa forse anche Santapaola in persona, per scambiare qualche idea sul futuro della politica italiana. «So che dell’Utri aveva amicizie a Palermo», racconta Avola, «e in quel periodo si parlava già del partito nuovo che stava a cuore a Totò Riina».
In quel periodo, spesso sottol’ala di ambienti massonici, in molte regioni nascono nuovi movimenti politici, tra cui: Sicilia libera e Lega meridionale. A una manifestazione della Lega meridionale è presente don Vito Ciancimino, l’ex sindaco di Palermo condannato per mafia. Sicilia libera è invece direttamente creata da uomini di Cosa nostra: la promuove Tullio Cannella, in stretto contatto con Leoluca Bagarella. Vi partecipano i fratelli Graviano e il costruttore palermitano Gianni Ienna. Ha come scopo dichiarato far diventare
Poi la storia sappiamo com’è andata. Il processo per mafia a carico di Berlusconi e Dell’Utri è caduto in prescrizione ed archiviato; nonostante la cattura del boss Provenzano la mafia è ancora attiva e viva all’interno dello stato; Silvio Berlusconi è Presidente del Consiglio…e manda messaggi di cordoglio verso uno dei giudici che nei primi anni ’90 lo indagò per i reati di corruzione e associazione mafiosa…questa è l’Italia…questa è l’Italia delle toghe rosse che ce l’hanno con quel santo martire che è Silvio Berlusconi e con il suo fido adepto Marcello Dell’Utri.